Con il Decreto n.11 del 16 febbraio 2023 il Governo ha bloccato il meccanismo della cessione del credito, stoppando di fatto il Superbonus.
Una scelta forte, che mette in discussione l’elemento fondamentale (la cessione del credito appunto) su cui lo Stato aveva scommesso per rilanciare il mercato delle costruzioni a seguito della crisi pandemica.
Una scelta, senza entrare nel merito dell’opportunità e dei tempi con cui è stata operata, che certamente testimonia un mediocre risultato economico, ottenuto mediante una terapia apparentemente risolutiva basata su interventi puntuali di carattere straordinario.
Il momento di profondo cambiamento che stiamo vivendo, di cui lo shock pandemico ha rappresentato la facciata superficiale e più evidente, è ben più profondo ed esige scelte coraggiose, decisioni e strumenti operativi a più ampio raggio, strutturati nel tempo e non emergenziali e, per questo più sostenibili.
Negli ultimi tre, quattro anni il periodo di stabilità internazionale e di sviluppo socioeconomico, iniziato nel Dopoguerra ed esploso attraverso l’evoluzione tecnologica che ha abbattuto le tradizionali barriere spazio-temporali, è entrato in crisi.
E non si tratta solo di una reazione alla crisi pandemica, parliamo di sistemi che vacillano e che oggi vanno ristrutturati per poter garantire alla nostra società di mantenere il livello di benessere generalizzato raggiunto.
Tornando al Superbonus, è improbabile pensare che in tempi brevi il potere d’acquisto del cittadino medio possa incrementare significativamente o tornare ai livelli pre-pandemia, per poter operare interventi di rinnovamento immobiliare in autonomia: se accessibili, ricorrere a meccanismi d’incentivazione a sostegno dell’investimento, come quelli alla base del Superbonus, sarebbe stato frequente e scarsamente gestibile e sostenibile dall’economia nazionale in tempi più lunghi di quelli emergenziali (che pure non hanno garantito alle casse dello Stato un risultato troppo vantaggioso, nemmeno nel breve periodo).
Si rende necessario rivedere la struttura di questi meccanismi di sostegno, ripensarne impatto e orizzonti temporali in modo che rappresentino quell’aiuto virtuoso, per il singolo cittadino e per l’economia reale, che i bonus con cessione non riescono più a garantire.
Se è vero che senza incentivi il mercato non è in grado di sostenersi perché mancante di capacità di spesa, è vero anche che incentivi smisurati erogati in tempi compressi non restituiscono risultati concreti.
In una fase cruciale come questa, una strada efficace potrebbe essere la modernizzazione dei beni legati alla collettività, oggetto dei bandi gara legati al PNRR: fondi che, puntando al rinnovamento di infrastrutture e all’efficientamento strutturale del patrimonio immobiliare pubblico, svolgeranno un ruolo di primo piano nel risollevare l’economia nazionale.
Rifocalizzare l’attenzione e le risorse del sistema edilizio nazionale su interventi che contribuiscano non solo a stimolare l’economia reale, ma anche a ridare slancio al nostro sistema-Paese, soprattutto in chiave futura per le prossime generazioni, è fondamentale.
E le linee guida del PNRR in questo senso sono molto chiare e puntano decise al rinnovamento, con attenzione massima per quei settori particolarmente sensibili per il futuro di un Paese, come la Scuola ed i servizi per l’Infanzia.
Il settore delle costruzioni ha da sempre rappresentato uno dei termometri che misurano l’efficienza di una Nazione, la dinamicità del suo sistema economico ed il livello di avanguardia delle sue infrastrutture.
Ci sono grandi opportunità, l’importante è saperle cogliere!
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