Presentato il 29 giugno dal Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) Pichetto Fratin il tanto atteso aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec):
“L’Italia condivide pienamente l’orientamento comunitario teso a rafforzare l’impegno per la decarbonizzazione dei sistemi energetici ed economici europei […]. Tale percorso è tuttavia notevolmente complesso e non si presta a soluzioni semplici o a scelte precostituite”.
Rinnovabili, risparmio energetico, mobilità sostenibile, ma anche gas naturale, biocarburanti e idrogeno: il Piano indica target, governance, monitoraggio e forme di finanziamento con cui l’Italia intende affrontare la crisi climatica attraverso le politiche energetiche.
Il Piano, stilato nel 2019 con aggiornamento previsto da direttive europee nel 2023, dovrà essere approvato entro un anno e avrà durata decennale, non è stata ancora diffusa la sua versione definitiva ma in una nota a commento del Pniec il Mase ne sintetizza i punti chiave:
- una quota del 40% di rinnovabili nei consumi finali lordi di energia che sale al 65% per i consumi solo elettrici
- 37% di energia da rinnovabili per riscaldamento e raffrescamento
- il 31% nei trasporti
- 42% di idrogeno da rinnovabili per gli usi dell’industria
A seguire il commento dello stesso ministro Pichetto Fratin “Con questo testo, frutto di un lavoro intenso del Mase, vogliamo indicare una via alla transizione che sia realistica e non velleitaria, dunque sostenibile per il sistema economico italiano. È un documento che conferma l’impegno dell’Italia sul clima e per la sicurezza energetica”.
Ed è subito dibattito, che scivola nella polemica.
Per il Mase, rispetto al 2019, fronteggiamo uno scenario completamente diverso che mette in discussione la possibilità di raggiungere determinati obiettivi nel 2030, come previsto dal Pniec redatto nel 2019, eccessivamente ottimista: “esaminando gli scenari in termini di emissioni e di raggiungimento dei target globali e settoriali per il 2030 delineati nel Pniec 2019, si nota una distanza nel loro raggiungimento, dovuta sia al fatto che fossero notevolmente sfidanti in relazione alle effettive possibilità di conseguirli in termini di investimenti e tempi realizzativi, sia agli ostacoli che si sono incontrati per la loro realizzazione (con riferimenti inevitabili a pandemia, guerra, crisi energetica)”.
Secondo diverse associazioni e componenti della società civile, come Wwf, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport & Environment “il Pniec […] è contraddittorio e, pur dicendo di voler perseguire la decarbonizzazione, prende per buoni molti diversivi per rallentarla”.
Vengono criticati in particolare:
- Gli obiettivi sulle rinnovabili elettriche, che si ferma al 65% quando diversi studi affermano che si possa raggiungere l’80% (la Spagna punta all’81% nel suo Pniec)
- L’istallazione di fotovoltaico ed eolico, fermo a 74GW quando studi dimostrano si possa raggiungere 85GW come minimo (qualche studio si spinge fino ad una ipotesi di 99GW)
- Ruolo troppo rilevante assegnato al gas naturale e alle infrastrutture ad esso connesse, al carbonio la cui cattura appare oggi una possibilità poco più che sperimentale, all’idrogeno che andrà destinato in futuro “solo a quei settori e ambiti che non possono essere direttamente elettrificati”
Apprezzati gli impegni su mobilità dolce (spostamento modale sostenibile ovvero possibilità di utilizzare più mezzi di trasporto facilmente in collegamento tra loro, sharing, potenziamento del trasporto pubblico locale), meno la previsione del contributo dei biocarburanti.
Fino alla pubblicazione del Pniec, continueranno le discussioni e i dibattiti, anche perché non c’è stata finora un vero confronto con la società civile: a questo proposito nel Pniec si assicura che “verrà istituita una sede tecnica stabile di confronto, collaborazione e condivisione dei temi d’implementazione del Piano, il cosiddetto ‘Osservatorio Pniec’”, ma ancora nulla si sa di più approfondito ne quali saranno le figure invitate a prender parte all’Osservatorio.
Staremo a vedere!
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